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Tabelle di correlazione tra categorie catastali e destinazioni d'uso

Tabelle di correlazione tra categorie catastali e destinazioni d'uso

Due termini spesso confusi tra loro ma che indicano due cose diverse: le tabelle di categorie catastali infatti non corrispondono in maniera precisa alle destinazioni d’uso urbanistiche. 


Tale discrepanza è stata chiarita proprio dall’Agenzia delle Entrate, che spiega la differenza e pubblica delle tabelle di correlazione tra categorie catastali e destinazioni d’uso. Nel concreto, però, non è facile capire che si tratta di due concetti distinti e che afferiscono a diverse caratteristiche dell’immobile. 

Per chiarire questo punto, è utile usare le tabelle di categorie catastali e quelle che le mettono in relazione alla destinazione d’uso degli immobili. È solo una semplificazione infatti pensare che ci sia una corrispondenza esatta tra le due. 


Categorie catastali: non indicano la destinazione d’uso

Come spiegato in un articolo specifico su cosa sono le categorie catastali, queste definizioni in uso fin dal 1939 sono delle classificazioni dei fabbricati sulla base delle loro caratteristiche peculiari. Qualche esempio? La categoria A comprende gli immobili residenziali, le categorie del gruppo D quelli dedicati a scopi produttivi. Non basta questo però a sancire la destinazione d’uso di un immobile. 

La confusione, soprattutto per il singolo cittadino, deriva da una norma che tende a semplificare le cose per chi non conosce la destinazione d’uso del proprio immobile. Questa dice che in assenza di documentazione urbanistica o pratiche edilizie che comprovanti la destinazione d’uso, si può fare riferimento alle documentazioni catastali. Appare chiaro però che si tratti di un modo per far fronte a un’emergenza e non della routine.

Nei casi “normali” la destinazione d’uso di un immobile non è data dalla sua categoria catastale. Per fare un esempio, se un fabbricato è accatastato in categoria A/3 (abitazione economica) va comunque verificato che abbia tutte le caratteristiche, da un punto di vista edilizio e urbanistico, per essere usato come tale. 


Quando servono le tabelle di correlazione tra categorie catastali e destinazioni d’uso?

In ognuno dei casi in cui le due caratteristiche dell’immobile non coincidano, per qualsiasi motivo. Può capitare, per esempio, che un fabbricato inizialmente accatastato come magazzino diventi nel tempo un negozio. Il suo cambiamento dal punto di vista urbanistico può sembrare minimo, ma va modificato secondo le norme vigenti. Infatti un negozio dovrà seguire una serie di norme edilizie che in un magazzino non sono obbligatorie (parliamo della presenza di servizi igienici o di uscite di sicurezza).

Lo stesso avviene se un immobile appartiene secondo tabelle di categorie catastali alle abitazioni di tipo rurale. Affinché il proprietario possa trasformarlo in un albergo dovrà cambiarne la destinazione d’uso. Quando e come fare tutto questo?


Come si cambia la destinazione d’uso di un immobile

È una leggenda metropolitana che una variazione catastale basti a modificare la destinazione d’uso di un immobile. Catasto e urbanistica sono spesso due mondi che non si incontrano, quindi è necessario che le due pratiche (la variazione di categoria catastale e il certificato di abitabilità/agibilità edilizia per destinazione d’uso) vadano di pari passo. 

In generale, è facile trovare delle discrepanze tra un settore e l’altro soprattutto per immobili datati (che risalgono al 1977 o prima). Quindi, soprattutto se si vuole comprare, vendere o ristrutturare un fabbricato che ha già qualche decennio è bene controllare che tutte le pratiche siano allineate. Se non è così, non bisogna necessariamente pensare alla malafede di chi ha accatastato l’edificio. 

Può accadere anche che un immobile non presenti alcuna destinazione d’uso documentata: quando un edificio molto antico non ha subito pratiche edilizie negli ultimi decenni, la destinazione d’uso urbanistica va effettuata ex novo. Si fa un’analisi dell’ubicazione e degli usi di quell’immobile nel corso degli anni, se ne verificano le pratiche edilizie effettuate e, solo in mancanza di tale documentazione, si fa riferimento alle tabelle di categorie catastali. 


Quando serve consultare le tabelle di correlazione tra categorie catastali e destinazione d’uso?

Nel caso di una compravendita, conoscere tutte le pratiche relative all’immobile è importante per non rischiare di interpretare in maniera scorretta il valore dello stesso. Se, per esempio, un fabbricato è nelle tabelle di categorie catastali sotto la dicitura di immobile residenziale, è bene controllare che anche la sua destinazione d’uso sia quella. Altrimenti ci sarà bisogno di aggiungere o togliere elementi anche molto importanti per renderlo abitabile.

Quando si incappa in discrepanze, infatti, può capitare di non poter usufruire dell’immobile come si desidera senza prima effettuare importanti lavori. Questi, con il loro peso economico e burocratico, insieme ai documenti da modificare, vanno presi in considerazione in fase di vendita o acquisto. Lo stesso vale per ristrutturazioni di immobili che hanno una destinazione d’uso particolare (basti pensare alle tante caratteristiche necessarie per ottenere la destinazione d’uso per alberghi e similari: non è sufficiente avere degli appartamenti in ottimo stato). 

Insomma, conoscere lo stato di “salute” burocratica degli immobili che si possiedono, che si vogliono acquistare o che si ricevono in eredità è un requisito fondamentale per assicurare alla propria famiglia che non ci siano lavori onerosi o spese esorbitanti dietro l’angolo.

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